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Settimana corta al lavoro, quanti vantaggi: i sindacati spingono per il dibattito

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La settimana corta al lavoro è sempre più una realtà all’estero e secondo uno studio inglese, la sperimentazione ha portato dei benefici ai dipendenti. Per questo i sindacati vorrebbero che anche le aziende italiane convergessero in questa direzione

La settimana corta al lavoro, con 4 giorni lavorativi potrebbe ben presto far capolino anche in Italia. Dopo lo smart working anche quest’altra novità rivoluzionerebbe e non poco il panorama lavorativo nostrano. Alcune grandi aziende hanno già iniziato a farlo e in virtù di ciò i sindacati stanno iniziando a sondare il terreno per poter introdurre questa modifica a livello nazionale.

Sulla scia della sperimentazione positiva avvenuta nel Regno Unito il segretario della Fim Cisl Roberto Benaglia vorrebbe aprire un confronto tra le parti sociali per andare nella medesima direzione. A suo modo di lavoro è arrivato il momento di regolare il tempo di lavoro, in particolar modo nel settore manifatturiero.

Settimana corta al lavoro: perché i sindacati in Italia vogliono allinearsi a questa soluzione

Ciò però non significa andare a discapito delle aziende e ridurre il loro livello di produttività. Anzi l’obiettivo è cercare nuovi equilibri in grado di dare benefici ad entrambe le parti. Per questo la Fim Cisl già lo scorso ha proposto di negoziare soprattutto a livello aziendale una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e 1/5 di riduzione d’orario. Quest’ultima può essere dedicata anche alla formazione.

D’altronde lo studio inglese diffuso nei giorni scorsi parla piuttosto chiaro e ha portato alla luce come i dipendenti con questo metodo siano meno esauriti e stressati. Al contempo sono diminuiti i giorni in cui i lavoratori si sono messi in malattia e anche le dimissioni sono in calo. Il tutto con il lieve aumento dei ricavi, che in questa fase critica a livello mondiale non è un particolare da trascurare.

Proseguendo l’analisi dei dati dello studio condotto Oltremanica circa il 71% dei lavoratori ha dichiarato di avere dei livelli decisamente più bassi si “burnout”, ovvero di esaurimento. Il 39% ha riferito invece di essere meno stressato da quando è iniziata la sperimentazione.

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Probabilmente però il dato più eclatante ed importante è il livello di consenso delle aziende. Circa il 92% ha dichiarato di voler proseguire in questo e di continuare a sposare la settimana corta. Altre ancora vorrebbero che questa condizione diventasse permanente. D’altronde i dipendenti avendo a disposizione più tempo libero da dedicare ai propri interessi sono più energici sia a livello fisico che a livello mentale e ciò va anche a vantaggio delle imprese.