Dare il proprio codice IBAN è rischioso? Quello che devi sapere
Questa è la domanda che molti si pongono: cedere il proprio codice IBAN potrebbe farci incorrere in truffe? Scopriamolo
Come non biasimare chi, in questo periodo di truffe, non riesce proprio a fidarsi. Il protagonista in questo caso è il codice IBAN, quella sequenza alfanumerica che contiene i dati necessari per dare la possibilità all’altra persona (o azienda), di accreditarci stipendio, pensioni e varie procedure destinate all’invio di bonifici a nostro favore.
L’IBAN però, non è un codice creato casualmente dalla nostra banca, bensì un insieme di dati che permettono di risalire al conto corrente della persona. Dietro l’acronimo Iban figura l’International Bank Account Number, quindi, c’è un ragionamento logico e ben strutturato. La domanda che possiamo porci in questo momento è la seguente: se quindi, questo codice rappresenta i dati di una persona, allora esiste realmente il rischio di essere truffati? Per rispondere a questa domanda risulta necessario conoscere la natura dell’IBAN e da cosa è realmente composto; d’altronde si sa, è normare avere paura dell’ignoto.
Codice Iban: come è strutturato
Negli istituti di credito italiani, il codice IBAN comprende 27 caratteri, in altri paesi può estendersi anche fino a 34. La combinazione alfanumerica non è di certo affidata al caso ma è formata da una logica ben precisa. La European Commitee for Banking Standards ha disposto la sequenza dei codici in modo che ciascuno di essi riportasse alla determinata informazione del titolare della carta.
- Le prime due lettere dell’Iban rappresentano al territorio nazionale su cui risiede il proprietario della carta (IT Italia);
- i successivi due numeri indicano il CIN, vale a dire il controllo internazionale, e la lettera a seguire è il controllo nazionale;
- la prima sequenza formata da 5 numeri corrisponde all’ABI: il codice che rimanda alla banca di appartenenza
- i successivi 5, individuano il CAB, il codice necessario per il rinvio alla succursale della stessa banca.
- Gli ultimi numeri che compongono l’IBAN rappresentano il codice di conto corrente dell’intestatario.
Cosa si rischia dando il codice IBAN
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come è formato l’IBAN. Da questi dati possiamo dedurre che la sequenza di questo codice è formata esclusivamente da dati che permettono di rintracciare con precisione il proprio istituto di credito e non i dati della persona.
Questo codice ha quindi come scopo quello di risalire alle informazioni necessarie per il trasferimento di denaro: qualora si voglia o si abbia la necessità di inviare denaro ad un’altra persona basterà conoscere il suo IBAN, ma questo non ci darà la possibilità in alcun modo di prelevare denaro dal suo conto se non in conoscenza del suo codice pin e altri strumenti di sicurezza (app della banca per esempio). Lo stesso vale nel caso opposto: chi è a conoscenza del nostro IBAN potrà esclusivamente inviarci denaro e nulla di più.
Alla luce di ciò possiamo dire con certezza che nel caso in cui qualcuno di poco affidabile sia in possesso del nostro IBAN, non ha in alcun modo la possibilità di truffarci e come detto in precedenza, l’unica cosa che può fare è quella di accreditarci dei soldi sul nostro conto.