La flessione del costo della vita colpisce anche i costi di locazione che subiranno un rialzo molto alto a partire dall’inizio del nuovo anno.
Negli ultimi anni la questione affitti e locazioni è sempre stato un tema molto caldo nel nostro paese: le poche regolamentazioni, la difficoltà di incontrare gente corretta da entrambe le parti e il notevole utilizzo del pagamento in nero hanno portato una grande difficoltà per gli italiani nella ricerca di casa da affittare.
Ma cosa potrebbe succedere agli inquilini che pagano regolarmente una cifra e potrebbero trovarsi l’affitto rialzato?
In caso si fosse precedentemente stipulato un preciso contratto, ma anche se l’accordo fosse in nero, tra le due parti, il proprietario di casa non può assolutamente richiedere un aumento dell’affitto all’usuario per tutta la durata dell’accordo tra le parti.
Ma c’è una eventualità imprevista: l’aumento dell’inflazione. Infatti questa è l’unica variabile per la quale il proprietario di casa può richiedere un aumento dell’affitto senza incorrere in sanzioni, tutto ciò dato dalla valutazione e dai dati dell’ISTAT.
L’aumento dei prezzi in questo caso infatti non dipende dalla volontà del locatore, se non dall’aumento delle spese quotidiane che comporta una differenza di prezzo sul bene affittato.
Locatore e locatario si possono accordare per l’aumento dell’affitto sia di anno in anno che a richiesta del primo.
Ed in modo pratico quanto può essere l’aumento del prezzo di affitto?
Vi sono due possibili opzioni, ovvero un aumento del 100% da variazione ISTAT per i contratti a canone libero, ovvero i contratti di durata 4 anni più altri 4 a rinnovo automatico oppure del 75% da variazione ISTAT per i contratti a canone concordato, di durata 3 anni con 2 anni di rinnovo automatico.
Vi è poi un’altra variabile che porta una certa sicurezza nella pratica di aumento dell’affitto per entrambe le parti, ovvero la cedolare secca: in questo caso infatti il locatore di casa non può richiedere una verifica direttamente all’ISTAT .
Iniziamo dall’APE, ovvero l’Attestato di prestazione energetica, un documento necessario che dimostra la classificazione energetica di un edificio che può variare dalla classificazione G, ovvero la più bassa fino alla A che rispecchia la più alta, ancora di più se affiancata da un +.
Insieme ad esso, oltre ai propri documenti personali come carta d’identità e codice fiscale, il locatario dovrà presentare anche altra documentazione. In particolare si parla di visura catastale e la planimetria della casa.
Questa documentazione deve essere depositata all’Agenzia delle entrate in duplice copia, con allegato il modello 69, la ricevuta dell’imposta di registro e marche da bollo da 16 euro ogni due pagine.
Per quanto riguarda i costi di registrazione, i quali vanno pagati al 50 e 50 tra proprietario e coinquilino, questi sono da versare direttamente all’Agenzia delle entrate.
Si ha tempo per la registrazione entro e non più di 30 giorni dalla firma del contratto. Successivamente si avrà un massimo di 60 giorni per comunicare la registrazione all’inquilino e tutto ciò tramite PEC.