Una delle riforme più attese è quella che riguarda l’età della pensione: cosa succederà nei prossimi mesi?
Il 31 dicembre 2022 è fissata la scadenza di quota 102, Opzione Donna e Ape Sociale. Senza proroghe o ulteriori riforme si tornerà alla legge Fornero che prevede la pensione di vecchiaia a 67 anni, ma le cose potrebbero cambiare.
Giorgia Meloni, nuova leader del Governo italiano, sta prendendo in considerazione una nuova ipotesi per il pensionamento che comprende sia una proroga per l’Opzione donna, ma anche un’estensione della stessa misura per gli uomini. La Meloni aveva parlato di un meccanismo simile anche per i lavoratori maschi: l’Opzione Uomo. Anche in questo caso si tratta della possibilità di andare in pensione anticipata a 58 anni con 35 anni di contributi e con un conseguente ricalcolo dell’assegno tutto contributivo.
Questo nuovo meccanismo risulterebbe molto utile per poter andare in pensione prima del previsto, ma con una riduzione dell’assegno che, come spiega La Repubblica, potrebbe subire un taglio che va dal 13% al 31% dell’assegno. L’Opzione Uomo è al vaglio del nuovo Governo di Fratelli d’Italia, ma sono anche altre le ipotesi prese in considerazione dal centrodestra che già in campagna elettorale si era espresso a favore di un aumento della pensione minima nonché della flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, per favorire il ricambio generazionale.
La Lega aveva avanzato la proposta di Quota 41, per consentire a chi lo desideri di andare in pensione avendo alle spalle almeno 41 anni di contributi. Ricordiamo che attualmente il sistema pensionistico italiano richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne per poter andare in pensione anticipata.
Tutte le possibili riforme devono essere considerate alla luce dei costi che comportano per scegliere quelle più sostenibili. Si stima che la spesa per le pensioni quest’anno sia stata di 297,3 miliardi ed è destinata a salire arrivando a 320,8 miliardi nel 2023, a 338,3 nel 2024 e a 349,8 nel 2025 per una crescita di 50 miliardi in più nell’arco di tre anni. Addirittura nel 2025 la spesa per le pensioni peserà sul Pil per il 17,6%.
Tutti questi dati sono la bussola che guida le decisioni del nuovo Governo in fatto di pensioni: ogni ipotetica soluzione dovrà rientrare nei limiti di spesa possibili o rischierà di andare ad aggravare ulteriormente il Bilancio dello Stato con gravi conseguenze per gli italiani già provati dai pesanti rincari degli ultimi tempi.