Una delle più famose marche di acqua frizzante presenti nei supermercati di tutta Italia ha dovuto fermare la sua produzione. Due giorni d’inferno per l’azienda che però non è stata l’unica ad avere problemi negli ultimi mesi, infatti tantissimi marchi stanno riscontrando disagi con la produzione a causa dell’aumento prezzi.
Tra l’aumento dei costi e l’inflazione, molte aziende italiane sono state costrette a chiudere, anche solo per brevi periodi, registrando perdite economiche tutt’altro che leggere. Purtroppo questa particolare crisi che sta affliggendo tutto il mercato mondiale non ha risparmiato nemmeno il settore dell’acqua frizzante, infatti è da questa estate che vediamo mancare le bottiglie dagli scaffali dei supermercati.
La recente comunicazione da parte dell’azienda di proprietà della Nestlé recita: “In merito ai problemi rilevati dalle aziende del settore delle bevande dovuti alla scarsità di CO2, il gruppo San Pellegrino comunica che, a causa del persistere dei cali nella fornitura di anidride carbonica, questa settimana si è reso necessario un fermo produttivo di due giorni. Nonostante il generalizzato problema di carenze di materie prime che coinvolge tutti i settori e il protrarsi della situazione di estrema difficoltà del produttori di Co2, l’obiettivo dell’azienda è quello di continuare a ricercare nuove linee di approvvigionamento, per ritornare il prima possibile al normale flusso di produzione”.
Sia il 15 che il 16 Settembre infatti lo stabilimento di Ruspino, a San Pellegrino Terme, ha chiuso i battenti lasciando a casa i propri dipendenti con un permesso retribuito, con la speranza di riuscire a trovare una soluzione alla carenza di CO2. A inizio Luglio anche la Sant’Anna si è trovata costretta a fermare la produzione delle sue bevande gassate e la situazione purtroppo sembra peggiorare mese per mese.
A causa della crisi dell’energia, sta diventando sempre più costoso produrre CO2, indispensabile per queste bevande tanto amate dagli italiani. Già da qualche mese infatti la scoperta di questa notizia ha portato tantissime persone ad accaparrarsi quante più confezioni di acqua possibile, lasciando vuoti gli scaffali dei supermercati.
Oltre a questo, c’è stato un altro evento che ha impattato in egual misura: la chiusura dell’impianto della Yara International a Ferrara, che riforniva di CO2 circa il 30% delle aziende produttrici di acqua frizzante in Italia.
Nel corso dell’estate, la CO2 è passata da 3 mila euro a 21 mila euro, incrementando i costi quindi di ben 7 volte. Questo aumento repentino ha causato fermi di produzione, aumento dei costi del prodotti finale e ritardi nel trasporto.
La preoccupazione riguardo questo argomento non sembra diminuire, visto che se non si troverà una soluzione al più presto si riscontreranno gravi problemi di produzione anche di altri alimenti, come la birra o le bevande zuccherate frizzanti.